Opacita finanziaria

Come le multinazionali petrolifere e minerarie prendono in giro il fisco e gli Stati

Opacita finanziaria

di Agnès Rousseaux

Pagare solamente il 6% di tasse quando si guadagna 4 miliardi di dollari all’anno, è possibile! Le multinazionali Glencore, Chevron o BP ce l’hanno fatto . Ed fanno prova di una grande immaginazione per moltiplicare le filiali nei paradisi fiscali o «le giurisdizioni segrete». In quanto al gruppo petrolifero francese Total, è il campione tutte categorie dell’opacità. Lo rivela un rapporto della coalizione « Publiez ce que vous payez » («Pubblicate ciò che pagate.»)

Originariamente pubblicato in francese da Basta!

I giganti del petrolio, del gas e delle miniere coltivano l’opacità finanziaria e praticano massicciamente l’evasione fiscale. Per la prima volta, un studio condotto dalla sezione norvegese della coalizione « Publiez ce que vous payez » [1] ha stabilito l’elenco delle filiali di queste multinazionali e la loro localizzazione. Risultato: Le dieci principali multinazionali del settore possiedono 6 038 filiali, di cui più di un terzo basato nei paradisi fiscali. Queste 10 società, di cui Exxonmobil, Chevron, Shell, BP, Rio Tinto o Glencore, hanno generato nel 2010 un fatturato di 1824 miliardi di dollari! E realizzato 144 miliardi di dollari di profitto, praticando anche una «ottimizzazione fiscale» che ha permesso loro di pagare molto meno tasse.

Chevron campione dell’evasione

Il rapporto intitolato "Piping Profit", pubblicato questo 19 settembre, ha studiato cinque compagnie minerarie e cinque compagnie petrolifere e di gas, nel tentativo di capire la straordinaria complessità della strutturazione di queste multinazionali e l’evasione fiscale permessa da questa opacità. La compagnia più opaca, secondo lo studio? La multinazionale statunitensa Chevron. Il 62% delle sue filiali si trovano nei paradisi fiscali, di cui una parte importante alle Bermuda ed alle Bahamas. Negli Stati Uniti, due filiali su tre sono domiciliate nello stato del Delaware, la localizzazione favorita di tutte le industrie energetiche e minerarie. In questo Stato, paradiso dell’opacità, le esigenze internazionali sulla trasparenza delle società non sono rispettate, i conti delle compagnie ed il dettaglio degli atti di proprietà non sono resi pubblici. Un luogo molto apprezzato da queste dieci società: 915 delle loro filiali statunitense ci sono domiciliate! Ossia quasi quattro su cinque! Altre destinazioni favorite per le industrie estrattive: i Paesi Bassi, giusto davanti alle Bermude, Singapore, le Bahamas, la Svizzera o il Lussemburgo.

Giurisdizioni segrete

Difficile scegliere tra le pratiche peggiori . BP, la compagnia britannica, dalle 1500 filiali di cui un terzo basato nei paradisi fiscali? O Exxon e ConocoPhilips di cui rispettivamente 52% e 57% delle filiali sono domiciliate nelle "giurisdizioni segrete" secondo i criteri definiti dalla rete Tax Justice Network? Per quanto riguarda lle società minerarie, il prezzo dell’opacità è conferito alla multinazionale svizzera Glencore. Questa, già notata a numerose riprese per il suo saccheggio delle risorse minerarie, particolarmente in Africa, controlla il 60% della produzione mondiale di zinco, il 50% del rame, il 38% dell’alluminio, il 9% del mercato mondiale dei cereali. Quasi la metà della cinquantina di filiali di Glencore è basata nei paradisi fiscali. Il che l’aiuta probabilmente ad avere un tasso di imposizione che sfida ogni paragone: la società ha pagato nel 2010 solo 230 milioni di dollari di tasse, per un fatturato di 150 miliardi ed un utile netto di 4 miliardi. Ossia una tassa sui benefici sotto al 6%!

Total dopato all’opacità

Tra le dieci più grandi compagnie petrolifere e di gas mondiali, 5 non sono potute essere integrate nel quadro di questa inchiesta: 4 imprese pubbliche, proprietà dei governi di Arabia Saudita, dell’Iran, del Venezuela e della Cina, principalmente interessate al mercato interiore, e di cui i dati non sono potuti essere raccolti. Ed un quinto: la multinazionale francese Total. Nonostante le ripetute domande , la compagnia ha rifiutato di dare ogni informazione sulle sue 685 filiali, la loro localizzazione e i loro conti finanziari. Ed in Francia, la raccolta dati sulle società si rivela molto complicata, secondo gli autori del rapporto.

Christophe de Margerie, il re della malafede?

Total afferma di avere meno di dieci filiali nei «territori non cooperativi», secondo il termine utilizzato dalla legislazione francese. In questi paradisi fiscali, le sue filiali sono «impegnate unicamente in attività operative» afferma la multinazionale: «l’esplorazione e la produzione di petrolio e di gas in Brunei, la fabbricazione di prodotti chimici speciali e la distribuzione di carburante nelle Filippine, in Costa Rica ed in Liberia». Secondo Total, le localizzazioni di queste filiali non sono state scelte a scopo di ottimizzazione fiscale. «Total avrebbe anche delle filiali in Panama, alle Bahamas e nelle Bermuda. La compagnia, guidata da Christophe de Margerie, afferma che queste filiali non sono state stabilite da ragioni fiscali: sono spesso un’eredità storica». La multinazionale si pronuncia peraltro contro l’introduzione di nuovi criteri di trasparenza, come il «reporting paese per paese», voluto dalla coalizione Publiez ce que vous payez. Motivo: le nuove regole non garantirebbero una concorrenza libera tra gli «attori dell’industria» e rischierebbero di non rispettare la sovranità degli Stati, (sic). Probabilmente più tuttavia della filiale di Total in Birmania che possiede gli attivi del petrolio e del gas, di cui i redditi sostengono la giunta militare…

I dati raccolti da «Publiez ce que vous payez» provengono dalle dichiarazioni annue trasmesse dalle compagnie, secondo la legislazione in vigore. E su questo punto, la Francia è molto in ritardo. Votata nel 2010, la legge Dodd-Franck, integrata alla riforma dei mercati finanziari iniziata da Barack Obama, obbliga le società quotate in borsa negli Stati Uniti a pubblicare ogni anno il dettaglio dei pagamenti effettuati in tutti paesi nei quali operano, progetto per progetto. Se le lobby dell’industria estrattiva non guadagnano la battaglia, l’Unione Europea potrebbe prossimamente dotarsi di una tale legislazione, per conoscere nel dettaglio i flussi finanziari relativi ai settori energetici e minerari. E potere lottare forse contro l’evasione fiscale e le pratiche dubbiose permesse da questa opacità. Nell’aspettativa di sopprimere, un giorno, i paradisi fiscali.

di Agnès ROUSSEAUX

Traduzione in italiano : Fabienne Melmi (Global Action Italia)

Note

[1che ragruppa centinai di ONG e associazioni attraverso il mondo, come Global Witness, Human Rights Watch, Oxfam, Transparency International o le Secours catholique.