Agricoltura

Come Monsanto trasforma miracolosamente la sua soia OGM in soia «responsabile»

Agricoltura

di Simon Gouin

La produzione di soia «responsabile» arriva sul mercato europeo. Responsabile? Perché certificato dalla Tavola Rotonda sulla Soia Responsabile, lanciata dal WWF. Un’autenticazione che fornisce alle imprese una bella facciata verde. O come Monsanto, Glencore, Nestlé o Carrefour, grazie a questo marchio, diventano degli ardenti difensori dello sviluppo duraturo, e potrebbero beneficiare dei «crediti carbonio» per una cultura che contribuisce alla deforestazione, vero disastro ecologico e sociale in America latina.

Originariamente pubblicato da Basta! in francese

Non c’è stato bisogno di insistere molto. Per il principale fornitore di soia OGM in America latina e nel mondo, poter sedersi alla Tavola Rotonda sulla Soia Responsabile è una vera fortuna! Oramai, il gigante americano degli OGM, cosi come Cargill, BP, o Shell, participa alla cultura di una soia etichettata come «responsabile», di cui i primi raccolti sono arrivati sul mercato europeo nel giugno 2011 [1]. Anche Glencore, modello dell’impresa «irresponsabile», participa a questo progetto, come Carrefour, Unilever o Nestlé. Principali usi della soia prodotta? L’alimentazione degli animali e gli agrocarburanti

«Aiutiamo gli agricoltori a coltivare i loro campi in modo sostenibile […] riducendo anche l’impatto dell’agricoltura sul nostro ambiente», afferma Monsanto sul sito della Tavola Rotonda. Non importa se la sua soia Roundup Ready abbia degli effetti disastrosi sull’ambiente, la salute e le comunità locali dove è coltivato. Sarà etichettata «responsabile». E rischia, grazie a questo marchio, di guadagnarsi nuove parti di mercato.

«Per le industrie degli OGM, è molto comodo sedersi intorno a questa tavola rotonda», spiega Nina Holland, del Corporate Europe Observatory (CEO), un organismo che osserva il lobbying delle imprese per il conto dell’unione europea. «Questo vi permette molti benefici senza che non abbiate a cambiare nulla.» Fare cambiare le pratiche era tuttavia l’obiettivo iniziale della Tavola Rotonda sulla Soia Responsabile (RTRS), che fissa alcuni criteri, come per esempio «minimizzare l’inquinamento» o «non estendere i campi sulle foreste.»

Un disastro ecologico e sociale

Lanciata nel 2006 dal WWF e COOP, una catena di supermercati svizzeri, la RTRS mira a riunire tutti gli attori della cultura della soia dell’America latina. Per 2.500 euro, dei produttori, degli industriali, dei finanzieri, e normalmente anche dei membri della società civile, si siedono intorno ad uno stesso tavolo per «promuovere la produzione di una soia responsabile, attraverso la collaborazione, il dialogo ed il consenso». «Tentare di convincerli, e con essi le autorità politiche delle regioni coltivate, a limitare i danni, ad adottare dei criteri di produzione più»responsabili«,»più puliti«, più»sviluppo duraturo«», scrive Jean-Stéphane Dévisse, responsabile dei programmi del WWF Francia.

Una bella idea. Perché la monocultura della soia in America latina è un disastro. Ambientale, sanitario, sociale. il 90% delle culture di soia, in Nordamerica ed in Argentina, sono OGM. Anche in Brasile, in Paraguay, in Uruguay ed in Bolivia, gli OGM sono largamente utilizzati . Ed il 95% della soia OGM è del Roundup Ready, concepito per tollerare il diserbante a base di glifosate. Il Roundup è spruzzato per via aerea o per «mosquitos», (degli enormi trattori), sulle culture… e sulle comunità che vivono vicino ai campi. Anche altri pesticidi sono utilizzati: il 2,4-D, l’atrazine ed il paraquat, (vietato nell’unione europea).

Conseguenze? Le malformazioni dei bambini alla nascita si moltiplicano, i numeri di cancri aumentano, sono stati moltiplicati per tre tra il 2000 e il 2009 nella città di La Leonesa, in Argentina, dove le culture circostanti sono state abbondantemente polverizzate . La deforestazione aumenta, per liberare nuovi spazi agli sfruttamenti di soia. E gli animali ed insetti invadono i campi dei piccoli agricoltori che vivono accanto, costringendoli a lasciare le loro terre ed a raggiungere i bidonville delle grandi metropoli sudamericane.

Un nuovo marchio

In Argentina, la soia rappresenta oramai più della metà della superficie coltivata. E le erbacce diventano sempre più resistenti al Roundup, provocando un abbassamento della produttività. "Le industrie degli OGM come Monsanto cercano oramai di creare una soia resistente ad altri diserbanti come il Dicamba, spiega Nina Holland. Tutto questo per continuare lo stesso sistema di produzione. »

Video di presentazione delle poste in gioco del RTRS :

La Tavola Rotonda sulla Soia Responsabile non è la prima iniziativa in materia di autenticazione. Dal 1998, IMCOPA, la più grande impresa di frantumazione di semi di soia al mondo, ha fatto la scommessa dell’autenticazione della soia no-OGM. «In relativamente poco tempo, grazie a questa autenticazione, IMCOPA ha moltiplicato la sua produzione per dodici, si ricorda Jochen Koester, il fondatore di TraceConsult, un’agenzia di consulting e d’informazione che si interessa alla soia non OGM. Da parecchi anni adesso, circa il 10% del totale della produzione brasiliana di soia è stato certificato da questo marchio.» Questo marchio non-OGM incontra così una forte domanda dei consumatori. Nel 2005, WWF lancia i criteri di Basilea, che devono servire a «certificare una produzione di soia sostenibile, non implicando né la distruzione della foresta, né l’espropriazione dai piccoli contadini della loro terra… e soprattutto senza OGM», racconta Jochen Koester. IMCOPA annuncia che desidera certificare la sua produzione secondo questi criteri. ProTerra, un nuovo marchio che incorpora i criteri di Basilea, è creato nel 2006 da Cert-ID, un’impresa di autenticazione.

Dei criteri inadatti

Perché allora, un anno più tardi, lanciare una Tavola Rotonda sulla Soia Responsabile? I più grossi attori non partecipavano all’iniziativa Basilea, precisa Nina Holland. Dunque, per riunire tutti, il WWF ha creato una nuova tavola rotonda, con dei criteri più deboli, e completamente aperti alla soia Roundup Ready. In breve, tutto è fatto per sedurre Monsanto. La nuova tavola rotonda non pone nessun criterio: gli OGM sono permessi, non servono piani di riduzione dei diserbanti né sistema di protezione che impedisce l’espropriazione delle terre o la deforestazione.

Per John Fagan, fondatore e responsabile scientifico del Globale ID Group che ha partecipato ad un studio sulla «sostenibilità» della soia OGM, la RTRS non fissa standard appropriati per proteggere le comunità rurali. «Ciò che dice la RTRS, spiega, è che è possibile accaparrare le terre dei piccoli contadini, a condizione di risarcirli.» Ma come compensare lo sconvolgimento di un stile di vita tradizionale? E a chi pagare? al governatore dello stato? al capo del villaggio? ad ogni abitante?

Un processo opaco

Altra incoerenza: la protezione degli operai agricoli, di cui i criteri sono stati indeboliti. Nel 2009, gli operai potevano effettuare ore supplementari solo per delle «corte ed eccezionali circostanze», per il raccolto per esempio. Nel 2010, la menzione «corte ed eccezionali circostanze» è stata sostituita da «periodi di tempo limitato»...

Per giustificare la legittimità delle sue scelte, la RTRS organizza delle riunioni con le comunità. Ma queste ultime non ne sono informate, denunciano i suoi detrattori. Solo una pubblicità è pubblicata nei giornali… che non ricevono! «In quanto agli attori della società civile che la RTRS riunisce normalmente, non sono rappresentativi dei piccoli agricoltori, dei popoli indigeni, o delle comunità rurali», aggiunge Nina Holland. Questi ultimi, molto critici verso la RTRS, rifiutano di prendere parte a questa iniziativa. E gli attori della società civile presenti non sono sempre indipendenti. Come per esempio la Fondazione Moises Bertoni, del Paraguay che è finanziata dal Grupo DAP, (Gruppo di sviluppo dell’agricoltura paraguaiana), per realizzare dei progetti sociali intorno ai suoi campi di soia, e di cui il direttore è anche il vicepresidente della tavola rotonda.

Un studio scientifico pro-OGM sponsorizzato dal WWF

Ma è sulla questione degli OGM che numerose associazioni ambientaliste, (di cui CEO, Globale Forest Coalition, GM Watch), si oppongono di più alla RTRS. Come le monoculture della soia OGM possono essere «responsabili?» Niente di meglio di uno studio scientifico «indipendente» per provarlo. Nel 2008, dei militanti scoprono su internet l’esistenza del «GM Soy Debate», (il dibattito sul soia OGM). Il sito web annuncia che il Plant Research International dell’università di Wageningen, nei Paesi Bassi, realizzerà uno studio sugli OGM. Ma numerosi espedienti sono scoperti. Chi troviamo all’origine del sito? Solidaridad, un ONG olandese, ed il ramo olandese del WWF. Due organizzazioni membri della RTRS! "Degli studi falsati sugli OGM, ce ne sono dovunque, spiega un ecologista. Ma era la prima volta che un ONG associava il suo nome a questo studio. »

Davanti alla pressione, il sito web è rifatto a nuovo, (il vecchio sito / il nuovo sito: http://gmsoydebate.global-connections.nl/). Le ipotesi dubbiose non appaiono più. Lo studio finale è pubblicato discretamente. Nelle loro conclusioni, i ricercatori ammettono che la cultura della soia OGM causa un aumento dell’utilizzazione di diserbanti, contrariamente a ciò che avanza l’industria degli OGM. Ma, per risolvere questo problema, raccomandano l’utilizzazione di una grande diversità di OGM! Il che corrisponde stranamente al discorso di Monsanto e Syngenta.

Il panda del WWF, un’immagine che si compra

Per rispondere alle critiche, la RTRS ha finalmente deciso di includere un’«opzione non OGM» nei suoi criteri. Un’opzione sottomessa all’approvazione del Consiglio di amministrazione della tavola rotonda nel novembre 2010. «Nel giugno 2011, non è ancora stata approvata, nota John Fagan. Le resistenze interne, per rifiutare questa opzione, sono molto forti . Le imprese non la vogliono.» C’è già un marchio che certifica la soia non OGM, è il marchio ProTerra, aggiunge Nina Holland. E perché le imprese di trasformazione della soia acquisterebbero una soia non OGM, un po’ più costosa della soia OGM, se i due hanno lo stesso marchio «responsabile» col panda del WWF? »

Perché gli attori della catena della soia, membri della RTRS, vendono oramai della soia «responsabile». E lo fanno sapere, all’immagine di Cargill che avrebbe scritto ai suoi clienti, due anni fa, che forniva loro oramai della soia «responsabile»… mentre le discussioni della RTRS riguardavano solo l’elaborazione dei criteri! "Partecipare alla RTRS assicura una forma di pubblicità, spiega Nina Holland. I membri della tavola rotonda l’utilizzano nelle loro relazioni pubbliche. Mostrano così una facciata verde. »

Quando la soia intensiva permette di percepire dei «crediti carbonio»

Una facciata verde che permetterebbe loro di ottenere numerosi benefici. Dei crediti carbonio, in un primo tempo , attraverso il progetto REDD+ delle Nazioni unite. Perché i membri della RTRS lottano ufficialmente contro la deforestazione e che la cultura della soia OGM non esige aratura dei terreni! Nessuna aratura, dunque nessuno rigetto di CO2 nell’atmosfera, proclama Monsanto. «Esistono numerose forme di compenso per gli agricoltori impegnati in queste problematiche [ndlr: ambientaliste], e la RTRS vuole che questi benefici siano accessibili ai suoi membri», afferma Miguel Hernandez, segretario esecutivo della tavola rotonda.

L’ottenimento di un accreditamento europeo, in un secondo tempo. Quello di una «produzione di soia responsabile» per gli agrocarburanti, conferito dall’unione europea, attraverso la Direttiva sull’energia rinnovabile, (EU Renewable Energy Directive RED). La RTRS, che riunisce Shell, BP, o Biopetrol, ha dunque aggiunto un allegato RED ai suoi criteri . Presto, la soia «responsabile» potrebbe così alimentare il nostro serbatoio. «L’allegato del criterio RED della RTRS incoraggerà il dissodamento della foresta e di altri ecosistemi per una produzione di agrocarburanti distruttrice dell’ambiente, per fare funzionare le nostre automobili», conclude un rapporto di GM Watch, degli «Amis de la Terre» e del «Corporate Europe Observatory».

I legami ambigui tra il WWF e Monsanto

Delle associazioni ambientaliste si sono ribellate a questi progetti. Denunciano una vasta operazione di greenwashing e denunciano la partecipazione del WWF a questa tavola rotonda. «Ma non siamo ingenui, risponde Jean-Stéphane Dévisse, di WWF Francia. Se non ne conosciamo l’efficacia, sappiamo solo che, se non ci sediamo a questa tavola , o se questa RTRS non esisteva, perderemo la possibilità della discussione con i principali responsabili. »»Il WWF si difende sempre allo stesso modo, risponde Nina Holland. Dice: «Se partiamo, tutta la produzione continuerà come prima.» Ma i criteri della RTRS non portano nessun cambiamento nelle attuali pratiche dei produttori di soia. «La partecipazione del WWF alla RTRS controbilancia anche le denunce delle piccole ONG, impegnate nella lotta contro i danni provocati della soia. Come criticare un’impresa marchiata»responsabile«da un’organizzazione cosi importante come il WWF?»Mentre è un’organizzazione che ha molto potere, il WWF continua a fare lo stesso errore«, stima John Fagan. La RTRS non è l’unica tavola rotonda lanciata dall’organizzazione. Per esempio, nel 2010, il WWF ha iniziato una tavola rotonda sull’olio di palma , una produzione molto criticabile. Più globalmente, il WWF ha scelto di lavorare con i grossi inquinatori per farsi evolvere ed assicurarsi importanti rientri di denaro. Anche a costo di rovinare la sua immagine, utilizzata dai principali responsabili del cambiamento climatico. Come Shell o ExxonMobil, Monsanto farebbero parte dei principali finanziatori del WWF. Il che permette di comprendere meglio talvolta delle prese di posizioni pro-OGM del WWF Stati Uniti [2]… e l’impegno dell’ONG nella RTRS.

Critica interna

Tuttavia, un movimento di protesta interna mostra che la RTRS è lungi dal fare l’unanimità in seno all’organizzazione ambientalista. L’organizzazione francese ha già preso posizione contro gli OGM. E riguardo la RTRS, sebbene il suo direttore dei programmi, Jean-Stéphane Dévisse, difenda pubblicamente la politica del WWF, il WWF Francia avrebbe partecipato alla redazione di una lettera critica della tavola rotonda e del suo approccio della soia OGM, con nove altri rami del WWF.

Questa protesta interna porterà un cambiamento di posizione della RTRS? Parecchie associazioni hanno lanciato una campagna [3] per chiedere ai supermercati di rifiutare di vendere i prodotti fabbricati a partire da questa soia «responsabile». Avrà un impatto? Niente è meno sicuro: il marchio «responsabile» non sarà indicato sugli imballaggi. I supermercati o i consumatori dovranno informarsi presso ai produttori per sapere se la soia proviene dalla RTRS! Ciò non faciliterà il boycott dei prodotti… Il disastro della cultura della soia, in America latina, è lungi dal fermarsi.

Simon Gouin

 Traduzione in italiano : Fabienne Melmi (Global Action Italia)
 Fonte : in francese

Note

[1il 8 giugno 2011, la RTRS ha annunciato che le prime soie certificate «responsabili» erano appena state acquistate da parecchie imprese olandesi. Al totale, una produzione di 85.000 tonnellate di soia, coltivata dal Grupo André Maggi, un’impresa brasiliana che è la prima ad avere ottenuto l’autenticazione.

[2in un documentario sul WWF, uscito al mese di giugno, Wielfried Huisman, un realizzatore tedesco, riporta i propositi di un vicepresidente del WWF, Jason Clay, sugli OGM,:»Dobbiamo gelare l’impronta ecologica dell’agricoltura. Per ciò, proponiamo 7 o 8 misure che dovremmo discutere. E in primis, le biotecnologe. Dobbiamo produrre di più, con meno mezzi. Le manipolazioni genetiche non devono limitarsi ai cereali che dobbiamo ripiantare ogni anno. Dobbiamo utilizzarli anche coi frutti tropicali ma anche con le piante a tuberi e le piante a radici. Questi frutti devono produrre più calorie all’ettaro. (...) L’orologio gira, il tempo preme. »

[3la lettera della Confederazione contadina, degli Amis de la Terre, Generations futures, Combat Monsanto e Nature e Progrès.