Estrattivismo

«L’inquinamento generato dall’industria mineraria rappresenta un pericolo per i decenni a venire»

Estrattivismo

di Simon Gouin (Grand Format)

Prezzi record, una domanda crescente, un bisogno di messa in sicurezza dei rifornimenti: una nuova corsa ai minerali si sta verificando ovunque nel mondo. Di fronte ai molteplici impatti di questa industria le resistenze si moltiplicano in America Latina come in Africa e anche in Europa. Riusciranno a proteggere gli eco-sistemi minacciati? Abbiamo intervistato William Sacher, ricercatore residente a Quito che lavora da 8 anni sullo sfruttamento minerario industriale. Un intervista accompagnata da foto di corsi d’acqua inquinati dall’acido utilizzato nelle miniere.

Originariamente pubblicato in francese da Basta

Basta! : Un permesso di sfruttamento è stato accordato ad una società australiana nella Sarthe lo scorso Giugno (leggere l’articolo di Basta). Come spiega questo ritorno di interessi per le risorse minerarie in Francia?

William Sacher  [1]: Assistiamo oggi ad una nuova corsa verso le «risorse» del sottosuolo in Europa. Ma bisogna capire che la nozione di «giacimento» è dinamica e possiede certo una dimensione geologica, ma anche tecnologica, economica, politica, sociale e culturale importante. Alcune innovazioni nelle tecniche di estrazione ed un rialzo del prezzo portano a qualificare oggi come «giacimento» ciò che si considerava ieri terra «sterile». La qualità dei giacimenti sfruttabili in modo redditizio è del resto in ribasso costante dall’inizio dell’era industriale. Le grandi società aurifere, per esempio, sfruttano anche dei giacimenti in cui l’oro si trova in una concentrazione di un grammo per ogni tonnellata di rocce trattate. È una delle ragioni per cui certi minerali del sottosuolo della Sarthe, sebbene presenti allo stato di polveri nella roccia, sono considerati oggi come interessanti per l’industria mineraria.

Voi sostenete che entrano in gioco anche delle dimensioni culturali e geopolitiche.

Sì. Innanzitutto, anche se si stimava che il sottosuolo del quinto «arrondissement» di Parigi fosse ricco, un permesso non sarebbe stato sicuramente accordato! La Sarthe non è densamente popolata e non presenta maggiori ostacoli: dal punto di vista del governo, la sua popolazione non dispone a priori di un’influenza politica e sociale che sarebbe in grado di mettere in pericolo un progetto minerario! Anche se i costi di produzione sono meno elevati al sud, le società cercano oggi di investire al Nord. Così essi possono diversificare le loro attività e progetti in un ambiente affidabile e stabile giuridico, politico e istituzionale. In questi paesi, queste società hanno anche un accesso assicurato alle mega-infrastrutture di cui lo sfruttamento minerario in grande scala è crudelmente dipendente. Le grandi potenze - le nazioni europee in primo luogo - desiderano anche (ri)tornare verso il proprio sottosuolo per assicurare il loro approvvigionamento in minerali in un mondo multipolare dove la Cina, o ancora il Brasile ad un livello più regionale, giocano oramai nel cortile dei grandi.

L’aumento della domanda in minerali spiega dunque in gran parte questa corsa verso l’oro . Ci sono altre ragioni economiche?

La crescita a due cifre della Cina causa in effetti un rialzo della domanda in minerali ed ogni tipo di materie prime. Questa domanda ha portato i prezzi verso livelli record durante gli ultimi dieci anni. Ma possiamo citare anche l’estrazione massiccia di minerali legati all’individualizzazione dei beni di consumo di alta tecnologia: tutti abbiamo ogni tipo di metallo nei nostri cellulari, computer, telefoni. Allo stesso modo dei prodotti industriali più classici, come i veicoli, contengono sempre più metalli e varietà di metalli. Si potrebbe citare la produzione crescente di armamenti o ancora di energia, molto golosa in minerali, (l’uranio, per esempio...) Siamo anche in un’economia molto finanziarizzata. In questo contesto, la speculazione borsistica ed i capitali a rischio svolgono un ruolo chiave nell’identificazione dei futuri giacimenti. Le società possono contare su delle piazze finanziarie particolarmente permissive per questa speculazione, come la Borsa di Toronto, nel Canada, un paese che è una vera «Svizzera delle miniere» (Leggere l’articolo di Basta qui).

Tuttavia queste condizioni sono precarie…

Difatti, se domani la Cina dovesse affrontare una grave crisi economica, cosa non completamente improbabile, c’è da scommettere che i prezzi delle materie prime verrebbero a crollare. Ciò che è considerato oggi come un territorio interessante dal punto di vista dell’attività mineraria potrebbe così brutalmente non esserlo più. Ciò si è già visto nel passato.

Come l’industria mineraria cura la sua immagine?

L’industria mineraria è diffronte a questo grande paradosso: da un lato, i giacimenti importanti si esauriscono. Dall’altro, la crescita della domanda è sempre più forte. Questa contraddizione la costringe ad adottare un modello che è quello del mega-sfruttamento minerario moderno. Questo modello implica l’utilizzazione di enormi quantità di reagenti chimici, talvolta molto tossici, ma anche la generazione di enormi quantità di rifiuti. Gli inquinamenti generati rappresentano spesso dei pericoli per decenni, addirittura per i secoli a venire. Gli impatti sociali, economici, politici, o addirittura culturali o psicologici sono a misura di questo modello di mega-sfruttamento.

Tuttavia le società fanno tutto per minimizzare questi impatti considerevoli. Per esempio,promuovono dei concetti come lo sfruttamento minerario responsabile, duraturo, sostenibile… è una semantica che circola molto, sulle targhette di promozione delle società minerarie, sui siti Internet, ma anche in seno alle grandi agenzie di sviluppo, o alla Banca Mondiale. La si trova anche nei discorsi dei governi che fanno la promozione apertamente questo tipo di industria. La sentiamo anche, evidentemente, nei grandi media su cui le grandi società minerarie esercitano un’influenza politica importante. C’è dunque un controllo, una guerra dell’immagine che è data al livello del modello minerario attuale. Su questo campo, l’industria possiede dei mezzi e delle carte vincenti di cui le comunità, che sono direttamente colpite dagli effetti catastrofici delle sue attività, non dispongono necessariamente.

Come si ripartiscono i ruoli tra società «junior e major»?

Le società junior si dedicano unicamente al lavoro di esplorazione. Sono incaricate di scoprire dei nuovi giacimenti, un’attività rischiosa quando si sa che un progetto di esplorazione su 500 condurrà infatti alla costruzione di una miniera. Sono delle piccole società, con una durata di vita relativamente limitata e che liberano benefici solo attraverso la speculazione borsistica. Finanziariamente, non sono abbastanza forti per ottenere i prestiti necessari alla costruzione e lo sfruttamento di una miniera industriale moderna. Non dispongono neanche dei mezzi umani e tecnologici per poterlo fare. Se «scoprono» un giacimento, si venderanno allora spesso ad una società maggiore che, lei, possiede tutte queste caratteristiche. Esistono poche società maggiori , che sono generalmente grandi transnazionali, che formano un piccolo gruppo di cartelli, e possiedono delle unità di produzione ovunque sul pianeta.

La moltiplicazione degli attori minerari permette anche all’industria di «salvare» la sua immagine...

Esiste un tipo di divisione del lavoro tra questi due tipi di società, sia da un punto di vista geologico che politico. Perlustrando, le società junior sono incaricate di saggiare il terreno. Sono le prime ad affrontare i movimenti di opposizione al modello di produzione e di relazione con la natura che rappresentano. Sono incaricate di farne la propaganda e di mettere in opera tutta una «ingegneria» della divisione delle comunità sui territori dove sono attive. Quando una società giovane tentenna e la resistenza al livello locale e le condizioni economiche e politiche sono favorevoli su scala nazionale ed internazionale, un’azienda leader nel settore si presenta per farne l’acquisizione. Cosi quest’ ultima fa economia dell’eventuale ripercussione sulla sua reputazione e della cattiva stampa che possono generare i conflitti sociali.

Di fronte allo sviluppo dei progetti minerari, particolarmente in America Latina, si possono vedere numerose mobilitazioni, come a Cajamarca, in Perù, contro il progetto Conga (leggere il servizio di Basta qui). In quale misura le politiche neoliberali, che hanno colpito la regione, ne sono responsabili?

Il progetto neoliberale al Sud è consistito tra l’altro nell’ installare dei quadri legali che hanno favorito largamente l’arrivo di capitali internazionali, permettendo loro di strappare dei beni pubblici a prezzi stracciati (infrastrutture, territori, ecc.). Questo è ciò che il geografo David Harvey chiama accumulazione per esproprio. Al livello dell’industria mineraria, siamo completamente in questa logica.

Le riforme dei quadri di investimento minerari, (i famosi «codici minerari») hanno seguito i comandi del Consensus di Washington: accelerare e garantire l’accesso ai territori, adottare dei quadri fiscali ridicolmente lassisti, criminalizzare lo sfruttamento minerario artigianale, facilitare l’accesso ai dati geologici nazionali, ecc... Questo è un contesto che si è riprodotto su scala mondiale, nei paesi indebitati, in America Latina, in Africa ed in Asia del Sud Est. Anche se il contesto è molto differente, le questioni sollevate dall’attuale progetto di riforma del codice minerario in Francia sono similari in numerosi punti.... Al Sud, questo contesto legale molto favorevole ha preparato il terreno al fantastico ciclo minerario che si è avviato alla fine degli anni 1990. La congiunzione di questi due movimenti è stata molto favorevole alla penetrazione dei nuovi «conquistador», alla ricerca di eldorado, in regioni spesso vergini di ogni tipo di produzioni industriali, come in Amazzonia o nel Sahel.

In America Latina, numerosi dirigenti, che si definiscono «socialisti», mettono in atto politiche produttivistiche che distruggono l’ambiente e nuocciono a migliaia di contadini. Come lo spiegate?

Occorre inanzittutto ricordarsi che il socialismo reale non è mai stato veramente in contraddizione col produttivismo. I governi latinoamericani della «onda rosa» non hanno, così, l’impressione di essere in contraddizione con l’ideologia che portano avanti. Vedo personalmente un’altra ragione: per condurre a buon fine lo sfruttamento minerario industriale moderno, si ha bisogno di mezzi considerevoli, e particolarmente di tutta una serie di infrastrutture, portuali, aeroportuali, stradali, energetiche, e di una relativa stabilità politica. Per esempio, se si deve costruire, e mantenere, una diga o un’autostrada per trasportare il rame, lo farà lo stato . Il «ritorno dello Stato» e il rafforzamento delle istituzioni che sostengono i progetti socialisti latinoamericani quindi si rivela funzionale alla ricerca della modernizzazione capitalistica del continente.

È dunque la logico prosecuzione del neoliberalismo...

Sì, in qualche modo. In ogni caso non è certamente l’avvento di progetti socialisti, o rivoluzionari, come proclamano certi governi. Ancor più che all’epoca neoliberista, i governi fanno una promozione quasi cieca delle attività estrattive. Pretendono di ottenere una partecipazione ai benefici considerevoli, il che permetterà di mettere in opera degli ambiziosi piani sociali. In compenso, questi governi non esitano a criminalizzare le numerose comunità spossessate dalle loro terre e dal loro ambiente. Mettono la forza pubblica al servizio dei capitali internazionali per reprimere violentemente - talvolta nel sangue - la protesta sociale. Abbandonano anche, poco a poco, i rari progetti in contrasto con gli interessi transnazionali: ne testimonia la recente decisione del presidente dell’Equador di abbandonare l’iniziativa Yasuní-ITT (Leggere l’articolo di William Sacher su questo argomento qui).

Le mobilitazioni che si svolgono in America Latina attualmente sono sufficientemente forti per piegare la tendenza attuale a «l’estrattivismo?»

Anche se ci sono delle reti che cominciano a costruirsi, constato che i movimenti restano in generale molto isolati. Certo alcune comunità sono riuscite talvolta a mettere fuori le società minerarie transnazionali installate sul loro territorio, per esempio in Perù o in Ecuador. Ma nella grande maggioranza dei casi, le società riescono a fare valere i loro interessi. Un altro ostacolo viene dal fatto che gli Stati di diritto, modernizzandosi, si dotano di sistemi repressivi sofisticati, particolarmente grazie ad un riassetto abile del quadro legale. La criminalizzazione della lotta sociale per vie giudiziali è un attrezzo molto efficace che gode di una grande legittimità democratica. Tuttavia,non tutto è triste. In Argentina, per esempio, vi è stato un processo di riforme legislative molto incisive sotto la pressione dei movimenti sociali contro la miniera. In diverse province, per esempio, si è discusso di vietare le miniere a cielo aperto. Eppure, se i progetti minerari su larga scala sono molto diffusi, come suggerisce la tendenza, è probabile che avremo una proliferazione di questi movimenti di resistenza. Allora questa forma di produzione mineraria non sarà più sostenibile!

Pensa che l’estrazione responsabile, con un compromesso tra il valore della risorsa e l’impatto negativo della sua estrazione, sia possibile?

Naturalmente, qualsiasi tipo di attività umana sta trasformando il suo ambiente. Non possiamo considerare l’attività mineraria priva di alcun impatto! Quindi, uno dei criteri potrebbe essere la ricerca di uno sfruttamento minerario che assicurerebbe condizioni perenni di produzione e di riproduzione biologica e sociale, e la scelta di queste per le generazioni future. Questo non è sicuramente possibile in seno al capitalismo. Finché si privilegerà il valore di scambio e l’accumulo infinito di valore, saremo condannati sempre di più ad una corsa senza fine verso lo sfruttamento di giacimenti poveri o di più difficile accesso e ad una relazione predatrice con ciò che chiamiamo la «natura.» In un altro sistema, si potrebbero mettere in opera dei micro-sfruttamenti, o considerare diverse misure che ridurrebbero ogni sfruttamento assurdo: si sfrutta oggi dell’oro presente allo stato di polvere nei giacimenti, al prezzo di disastri per l’ambiente come per le popolazioni, per andare a chiuderlo sotto terra, nelle casseforti delle banche!

Simon Gouin

Foto di una: CC Wikipedia

Traduzione in italiano : Fabienne Melmi (Global Action Italia)

Note

[1William Sacher è titolare di un PhD in scienze dell’atmosfera e degli oceani dell’università di McGill di Montreal, e coautore de Noir Canada (Écosociété, 2008) e di Paradis Sous Terre, ( rue de l’échiquier 2012). è anche candidato al dottorato in Economia dello sviluppo alla Facoltà Latinoamericana delle scienze sociali (FLACSO), Quito, Equatore.